Biancaneve e il nano prelato di M.Travaglio
Nel suo ultimo giro delle sette chiese, un giorno da don Verzè, un giorno da don Gelmini, un giorno dai salesiani, il Nano Prelato ha voluto esagerare persino rispetto ai suoi standard, il che non era facile. Ha detto che «la sinistra è contro i padri e contro la famiglia»: lui infatti ama la famiglia a tal punto da averne due. Ha benedetto le campagne di Sirchia contro il fumo, l'alcol e prossimamente la ciccia in esubero, che nuocciono gravemente alla salute, e contemporaneamente ha annunciato il ritorno al nucleare che, com'è noto, fa benissimo: infatti i bambini di Chernobyl non bevono, non fumano e sono magrissimi, almeno quelli ancora vivi. Poi ha scritto a tutte le famiglie italiane invitandole a non esagerare con i farmaci, lui che s'è rifatto dalla testa ai piedi dal chirurgo plastico. La sera, per ritemprarsi lo spirito, ha preso un aperitivo con Bud Spencer e cenato con Mara Venier, Apicella, Loredana Lecciso, Cossiga e altri maestri di meditazione. L'indomani, visita pastorale al congresso del Nuovo Psi che, essendo guidato da De Michelis e Bobo Craxi, ha preferito eliminare l'aggettivo «Nuovo». E lì - riferisce la sobria cronaca del Giornale di famiglia - «Berlusconi ha dato fondo alle sue risorse dialettiche, toccando il tasto degli ideali». «La sinistra è contro la Nazione, contro la Bandiera, contro la Patria», ha predicato, prima di magnificare l'amico Bettino Craxi, molto affezionato alla Bandiera, alla Nazione e alla Patria: quelle svizzere e tunisine, però.
Ma il meglio di sè il Nano Prelato l'ha dato quando s'è inginocchiato con don Gelmini e i suoi ragazzi giurando lotta senza quartiere al traffico di droga, con quella che il sacerdote definisce la «Cristoterapia» e il premier, più modestamente, «Silvioterapia». Peccato che alla cerimonia non abbiano potuto presenziare Vittorio Mangano, Marcello Dell'Utri e Gianfranco Miccichè. Il primo, uno dei più noti narcotrafficanti della storia patria, è morto nel 2001. Il secondo e il terzo avevano altro da fare. Eppure avrebbero avuto un sacco di cose da raccontare. Miccichè, intervistato da Sabelli Fioretti, ha ammesso di aver sniffato coca in gioventù e di essersi poi disintossicato, anche se due anni fa un suo amico spacciatore fu segnalato dalle parti della sua abitazione romana e del ministero delle Finanze. Miracoli della Cristoterapia. Quanto a Dell'Utri, è una vera autorità in materia. Fu lui nel 1974, grazie al suo fiuto da rabdomante, a selezionare Mangano fra migliaia di stallieri: quel Mangano che nel 1980, quattro anni dopo la partenza da Arcore, gli telefonò per proporgli un «cavallo» (Borsellino ricorderà che di solito i «cavalli» di Mangano non erano quadrupedi, ma partite di droga). Arrestato da Falcone nel 1980 per traffico di droga e condannato a 11 anni, appena uscito di galera Mangano tornò a incontrare l'amico Marcello fino almeno al novembre '93. E nel '96, quando tornò dietro le sbarre per mafia e omicidio, Dell'Utri dichiarò: «Se Mangano fosse libero lo frequenterei ancora».
E non c'è solo Mangano. Il 24 ottobre 1976 il boss catanese Nino Calderone festeggia il compleanno nel ristorante milanese ?Le colline pistoiesi?, con i mafiosi Nino e Gaetano Grado, celebri per aver inondato Milano di eroina. E chi ti spunta alla cenetta intima? Dell'Utri in persona, scortato dall'inseparabile Mangano. Sarà lui stesso a confermarlo, ma precisando che fu perchè «avevo paura di Mangano» e comunque «i commensali non mi furono presentati». Lo tennero all'oscuro per tutta la cena. Il 19 aprile 1980 si sposa a Londra Gerolamo Fauci detto "Jimmy", un pluripregiudicato che gestisce il traffico di droga del clan Caruana fra l'Italia, la Gran Bretagna e il Canada. E chi compare al banchetto nuziale? Naturalmente Dell'Utri, insieme ai boss Bontate, Teresi e Di Carlo: il fior fiore del narcotraffico mafioso. Sarà lui stesso ad ammetterlo, con le solite scuse: «Mi portò l'amico Cinà (condannato per mafia in primo grado, ndr), ma non sapevo chi fosse lo sposo. Mi trovavo casualmente a Londra per una mostra sui vichinghi...». Nel 1998 si pente Vincenzo La Piana, imparentato col boss Gerlando Alberti, che trafficava droga con Mangano e altri capimafia fra Italia e Colombia: racconta di aver incontrato tre volte Dell'Utri a Milano, in due ristoranti e in un capannone, dove Marcello avrebbe offerto 2 miliardi per finanziare una partita di cocaina: c'erano anche Enrico Di Grusa (genero di Mangano, latitante per mafia e droga) e due impresari siciliani di pulizie, Natale Sartori e Nino Currò, poi condannati per favoreggiamento della latitanza di Di Grusa. Con loro lavorava anche il nipote di Mangano, Daniele Formisano, poi condannato per importazione di «300 chili marijuana ottima qualità». Con Currò e Sartori Dell'Utri aveva rapporti sicuri. C'è un filmato che riprende Sartori il 12 ottobre '98, mentre entra in Via Senato per avvertire Marcello che La Piana s'è pentito e lo accusa di traffico di droga. Ecco: una simile esperienza conquistata sul campo non può andare sprecata.
L'altro giorno, dai salesiani, Berlusconi raccontava: «C'era tra gli studenti del collegio un ragazzo traviato: un giorno lasciò la scuola e divenne un bandito, fino a diventare il vice del capo supremo». Che fa, allude?