Kinson provo a risipiegarlo:
In Iraq noi siamo andati come alleati di un paese che autonomamente aveva deciso di invadere un paese sovrano e che successivamente aveva mantenuto truppe di occupazione sul territorio.
Il fatto di essere alleati di tale paese esclude quella condizione di equidistanza tra le parti in lotta che da credibilità a una missione di pace (e sinceramente mi interessa poco di come definisca D'alema la presenza italiana in Iraq). Non a caso, difatti, le truppe italiane sono diventate il bersaglio di una delle parti coinvolte (i terroristi o la resistenza iraquena a seconda di come si guardi alla questione).
In questo caso la situazione è radicalmente diversa. Noi non siamo ne alleati di Israele ne alleati del libano. QUesto fornisce quella condizione di equidistanza che da credibilità ai soldati italiani sia rispetto agli israeliani sia rispetto ai libanesi.
Il problema è che il percorso che porta alla presenza dei militari in un posto non è neutrale rispetto al ruolo che tali militari assumono e al modo in cui vengono percepiti dagli attori delle vicende.
Questo non vuol dire che in entrambi i casi non ci siano (come sempre) anche interessi economici in ballo o non ci possano essere delle vittime tra i soldati italiani. Questo vuol dire solo che le 2 missioni sono connotate in modo estremamente differente.