Si, ma se uno è figlio di imprenditore c'è una buona probabilità che rimanga a lavorare come dipendente dal padre, e che in futuro prenda il suo posto come dirigente, no? Fa del male a qualcuno? Non è detto che debba diventare un parassita che gioca con l'impiego altrui com'è successo a te.
E aggiungo anche che nella stragrande maggioranza dei casi gli imprenditori, genitori e figli, hanno al massimo il diploma superiore, quando va bene. Guarda ad esempio i mobilieri miliardari del Veneto, gli imprenditori edili del Bresciano, gli industriali della Brianza, i produttori di riso della Lomellina. Indaga, fra i più ricchi non troverai nemmeno un laureato.
Ti faccio un esempio: Mauro Saviola. (
http://www.grupposaviola.com/ )
Ecco la sua storia:
"Mauro Saviola impara a conoscere il legno fin da bambino, ad apprezzarlo e plasmarlo lavorando nella bottega del padre ebanista Alfredo, dove è apprendista falegname già all’età di 11 anni, nel 1949. Siamo nel dopoguerra, la povertà profonda spinge tutti ad arrangiarsi per guadagnarsi da vivere e la bottega dei Saviola si ingegna a costruire manici per scope. Con l’arrivo dell’aspirapolvere i Saviola devono ripiegare sul commercio di legna e carbone per il riscaldamento. Ancora una volta, però, il progresso gioca un tiro mancino alla piccola azienda, quando le stufe a legna sono soppiantate dal gas butano, che porta il calore nelle case azzerando la richiesta di legname da ardere.
A questo punto arriva l’idea giusta: Mauro Saviola vede, durante un viaggio in Germania, un impianto che sbriciola i rami e pressa i trucioli. Sarà la strada del suo futuro. Ne ordina uno uguale, anche se il costo di 350 milioni sembra un ostacolo insormontabile. Grazie all’aiuto di un fratello e di un cugino e con l’impegno di alcune cambiali, riesce a convincere i tedeschi a fargli un po’ di credito e avvia il suo progetto.
Mauro Saviola inizia a produrre i primi pannelli fatti con la ramaglia del pioppo e ottiene subito un notevole successo. Gli unici problemi sono legati alla colla ureica, che viene fornita dalla Montecatini e dalla Sir del petroliere Nino Rovelli, colossi chimici che però giocano al rialzo dei prezzi. Dopo un’analoga esperienza con l’Austria, che pure fiuta l’affare, Saviola nel 1968 costruisce a Viadana uno stabilimento per ottenere autonomamente il collante e nel 1973 apre la Sadepan Chimica, primo produttore in Italia di colle per legno con basso contenuto di formaldeide. Il polo chimico conoscerà negli anni uno sviluppo veloce, diventando primo fornitore nazionale di resine ureiche e melaminiche. L’ultimo degli stabilimenti chimici è stato inaugurato nel dicembre 2003 a Genk, in Belgio.
Intanto le tecnologie si evolvono, la ricerca prosegue senza sosta, i profitti aumentano e gradualmente si arriva alla realtà odierna: un sistema industriale composto da 16 aziende sparse fra Lombardia, Veneto, Toscana e Marche, con stabilimenti anche in Argentina e oltre 1500 dipendenti. Dipendenti che da sempre vengono chiamati “collaboratori”, dato il sincero rapporto di fiducia che nel tempo si è istaurato con loro.
Dopo quaranta anni di intensa attività, Mauro Saviola è un magnate del pannello ecologico a capo di un impero da 800 milioni di euro l’anno. Ma soprattutto, è un imprenditore che grazie alla sua attività di recupero del legno usato, che coinvolge 2000 comuni in tutta Italia e convoglia nei suoi stabilimenti 50mila quintali giornalieri di legname, è riuscito fin’ora a salvare più di 30 milioni di alberi dall’abbattimento. Qualcosa come 10mila alberi al giorno. E la sfida continua."