L'ultimo libro di Manfredi mi è arrivato in regalo per Natale. La storia mi aveva attirato fin dalla prima volta che mi era capitato sotto mano in libreria, ma aspettavo come al mio solito l'uscita in edizione economica per l'acquisto.
Il libro parla della cattura con l'inganno, da parte del Re dei re persiano, dell'Imperatore romano Valeriano e di un gruppo delle sue guardie capitanate da Metello Aquila, vero protagonista del romanzo, e delle loro successive peripezie che li porteranno fino alla Cina ed all'incontro con gli eredi di un'antica leggenda romana.
Lo stile di Manfredi è sempre scorrevole, leggero e le descrizioni e le ricostruzioni degli usi e dei costumi di tutti i popoli incontrati nel libro sono accurate ma mai pedanti. Il problema è che proprio in questo sta il suo pregio maggiore ed il suo limite: Manfredi ha il merito di fare divulgazione storica e di avere una grande attenzione per la verosimiglianza storica che si adatta ma non si piega mai alla spettacolarità del racconto, ma la sua narrazione è abbastanza piatta, i personaggi sono spesso estremi e poco sfaccettati (buonissimi, cattivissimi, coraggiosissimi) e i dialoghi sono poco realistici. La trama e l'idea del libro sono indubbiamente buone, ma non sono supportate da una capacità di scrittura che sappia coinvolgere od appassionare più di tanto.
Rimango dell'opinione che Manfredi sappia esprimersi al meglio nel racconto, come ad esempio ne I cento cavalieri.