La ripresa del clitico è considerata come uno degli errori più comuni della lingua italiana; ricorre talora nello scritto e nel parlato più pianificato con fini parodici. La ripresa del clitico viene talvolta chiamata con il termine, piuttosto dispregiativo, di uso pleonastico del pronome.
Va però detto che l'accostamento dei due pronomi col medesimo significato si può riscontrare in molti autori classici della lingua italiana e non è considerato da tutti i grammatici un errore. In effetti non esiste regola che vieti la ripetizione successiva di più parole con il medesimo significato. Nei dialetti, come quello toscano il raddoppiamento del pronome personale dativo è un fenomeno morfologico piuttosto frequente e non viene considerato come un pleonasmo.
Anche il linguista Aldo Gabrielli scrive in proposito: «Non è errore, non è da segnare con matita blu, e nemmeno con matita rossa. Qui pure si tratta semplicemente d'un di quei casi in cui la grammatica concede l'inserzione in un normale costrutto sintattico di elementi sovrabbondanti al fine di dare alla frase un'efficacia particolare, un particolare tono. È insomma uno dei tanti accorgimenti stilistici di cui tutte le lingue fanno uso».[3]
Secondo Giovanni Nencioni, presidente onorario dell'Accademia della Crusca, non si tratterebbe di una ripetizione, la quale implica identità con l'elemento ripetuto, né di un riempitivo, il quale implica superfluità e inutilità.
La costruzione è da considerarsi come corretta nell'italiano parlato più spontaneo.