"Credo che nel Milan ci devono stare quei giocatori che hanno voglia di rimanere in questa squadra". Non usa mezzi termini Massimiliano Allegri, che, durante la conferenza stampa di rito, alla vigilia di Milan-Brescia, risponde così alle domande su Ronaldinho, bacchettandolo sulla pubblica piazza. La rottura, dunque, sembra ormai insanabile: il Gaucho vede all'orizzonte la settima, snervante, scomoda panchina consecutiva di questa sua bistrattata stagione, con il tecnico toscano - e tutto l'ambiente rossonero - che non sembra affatto risentirne. "Ciò che importa sono le motivazioni - ha proseguito Allegri -, tenere giocatori controvoglia è controproducente". E' tutta una questione di motivazioni quindi, di cuore per certi versi: il futuro di Ronaldinho, conti e valigie alla mano, sembra ormai lontano da Milanello, così come il suo pensiero, distante anni luce da quello del tecnico toscano, che non ha mai perso la testa per il numero ottanta verdeoro, senza nasconderlo più di tanto. Tenere in rosa un giocatore ormai alle corde dal punto di vista dell'interesse, poco coinvolto nel progetto, quasi un alieno in un gruppo coeso, non sarebbe certo una scelta sensata. Allegri, sotto questo aspetto, non ha usato giri di parole, togliendo spazio alle varie e possibili interpretazioni: "Il Milan non tiene un giocatore controvoglia"... più chiaro di così. Due indizi fanno una prova, tre-quattro, invece, danno la certezza: l'andamento della stagione e le scelte del mister hanno avuto il sopravvento sull'amore del presidente Berlusconi, che non avrebbe certo tentennato di fronte alle richieste di rinnovo del suo fuoriclasse - caduto in disgrazia quasi all'improvviso, dopo un inizo incoraggiante - ma che adesso, viste le premesse, non può far altro che allinersi alla situazione, dopo aver preso coscienza dei fatti. Tra Dinho e il Milan, o meglio, tra Dinho e Allegri, siamo ai titoli di coda, a gennaio o a luglio, poco importa: le panchine, ormai, non contano più.