Il 19 ottobre comincerà negli Stati Uniti la nuova stagione della NBA, il più importante campionato di basket al mondo. A causa della pandemia da coronavirus, i dirigenti della lega hanno imposto l’obbligo di vaccino ad allenatori, membri dello staff, personale degli impianti sportivi, arbitri e a tutte le persone che potrebbero entrare in contatto con i giocatori. Lo stesso obbligo però non è stato imposto ai giocatori, alcuni dei quali hanno scelto di non vaccinarsi o di non dire pubblicamente se si siano vaccinati o meno.
È un tema di cui si sta discutendo molto e che sembra poter causare grossi problemi nei prossimi mesi, anche perché le città di New York e San Francisco, sedi di tre importanti squadre del campionato (Brooklyn Nets, New York Knicks e Golden State Warriors), hanno imposto il divieto di accesso ai luoghi pubblici ai non vaccinati con più di 12 anni: un obbligo che per le partite giocate nei palazzetti di casa non riguarderà solo il pubblico, ma anche i giocatori.
Uno di quelli che potrebbero essere esclusi dalle gare giocate in casa è Kyrie Irving dei Brooklyn Nets, tra i giocatori più noti e forti della lega, che in passato si era detto contrario ai vaccini contro il coronavirus. La sua eventuale assenza nelle gare di casa è ancora più significativa perché i Nets sono considerati tra le squadre favorite per la vittoria del campionato – da molti la principale favorita – potendo contare, oltre che su Irving, anche su Kevin Durant e James Harden.
Lunedì 27 settembre, nel corso del “media day” dei Nets organizzato al Barclays Centre (un evento annuale che precede l’inizio della stagione, in cui tutta la squadra incontra i giornalisti), Irving non c’era. Era collegato solo in videoconferenza. Irving non ha voluto dire pubblicamente se la sua assenza fosse dovuta alla mancanza del vaccino, ma date le sue precedenti posizioni al riguardo è sembrato chiaro ai molti presenti che il motivo fosse quello.
Questa convinzione è stata rafforzata dalle ultime dichiarazioni della zia del giocatore, Tyki, che aveva raccontato alla rivista Rolling Stone che il nipote non si era vaccinato per motivi “morali”, e non religiosi come qualcuno aveva ipotizzato: Irving da circa un anno si è infatti convertito all’Islam, religione tra i cui fedeli circola da tempo un certo scetticismo nei confronti dei vaccini, per il timore che possano contenere derivati del maiale, animale proibito per i musulmani.
Durante la conferenza stampa di lunedì, Irving non ha detto se si vaccinerà entro l’inizio della stagione: se non dovesse farlo, dovrà saltare le gare giocate a New York e San Francisco.
Nelle scorse settimane Irving, in qualità di vicepresidente del comitato esecutivo del sindacato dei giocatori, la NBPA, aveva fatto molta pressione sulla lega perché non introducesse un obbligo generalizzato per tutti i giocatori. Di recente, scrive Rolling Stone, aveva iniziato a seguire su Instagram un account che sostiene una tesi complottistica secondo cui i vaccini farebbero parte di un non meglio precisato “piano di Satana” per sottomettere il genere umano. Non è però la prima volta che Irving sostiene teorie del complotto o tesi antiscientifiche: alcuni anni fa aveva dichiarato, per esempio, di credere che la Terra fosse piatta.
Tra i giocatori che hanno detto di non essere vaccinati c’è Andrew Wiggins, che gioca nel ruolo di ala piccola con i Golden State Warriors. Wiggins aveva chiesto alla lega un’esenzione per motivi religiosi, che gli è stata però negata. Non ha voluto specificare quale credo religioso gli impedisca di vaccinarsi, ma ha detto che continuerà a rifiutare il vaccino e «a lottare» per ciò in cui crede.
Un altro giocatore che ha detto di non essersi vaccinato è Jonathan Isaac, degli Orlando Magic, secondo cui gli scienziati che hanno sviluppato i vaccini sono «solo persone» e «non ci si può fidare totalmente delle persone».
Bradley Beal, guardia dei Washington Wizards, ha detto invece di non essersi vaccinato «per motivi personali», sostenendo che, essendosi già ammalato in passato di COVID-19, avrebbe gli anticorpi necessari per evitare una nuova infezione e che il vaccino sarebbe superfluo. Sia Isaac che Beal, secondo le regole attuali, potrebbero giocare tranquillamente gran parte delle gare della stagione tranne quelle a New York e a San Francisco.
Sul tema dei vaccini in NBA è intervenuto anche Kareem Abdul-Jabbar, uno dei più forti giocatori di basket di sempre, diventato negli anni molto noto anche al di fuori del mondo degli appassionati per il suo grande impegno sociale. A Rolling Stone ha detto che la NBA dovrebbe insistere nel far vaccinare tutti i giocatori e i membri dello staff, e che chi non si vaccina dovrebbe essere escluso dalle squadre:
«Non c’è spazio per giocatori che vogliono mettere a rischio la salute e la vita dei propri compagni di squadra, dello staff e del pubblico semplicemente perché non sono in grado di cogliere la gravità della situazione o di fare le ricerche necessarie. Quello che trovo particolarmente ipocrita riguardo ai negazionisti del vaccino è la loro arroganza nel non credere all’immunologia e agli altri esperti medici. Eppure, se un loro figlio fosse malato o se loro stessi avessero bisogno di cure mediche di emergenza, quanto poco ci metterebbero per fare esattamente ciò che quegli stessi esperti gli hanno detto di fare?».