In questi giorni convulsi di campagna elettorale, sugli scaffali delle librerie fanno bella mostra di sé parecchi saggi politici, che fanno a gara nell’elencare tutte le magagne legali, passate, presenti e future, di Silvio Berlusconi. Il cittadino poco interessato alla politica potrebbe pensare che esista una grande differenza tra il pluriprocessato Cavaliere e il suo avversario, l’apparentemente improbo Romano Prodi. Le cose però non stanno così. Permettetemi quindi di ricordarvi tutti i casini che il professore ha combinato nel corso della sua carriera.
Il debutto in politica di Prodi è datato 1964, quando diventa consigliere comunale a Reggio Emilia, in rappresentanza della sinistra DC. La sua carriera politica va di pari passo con la sua ascesa come manager. Lo ritroviamo nel ’78, quando organizzò l’ormai famosa seduta spiritica per Aldo Moro. Ma su questo episodio non mi dilungo (anche se un vero cattolico non parteciperebbe mai a una seduta spiritica). Comunque, quello stesso anno diventa ministro dell’Industria con Andreotti (ieri Diamanti sul Corriere ha definito Prodi “il futuro della politica italiana”: che coraggio…), e da ministro vara la legge sul salvataggio dei gruppi industriali in crisi. Questa legge sarà il suo lasciapassare per la presidenza dell’IRI (1982). La sua carriera all’IRI dura 7 anni ed è costellata di episodi discutibili: nel 1986 vende l’Alfa Romeo al gruppo Fiat, ignorando l’offerta della Ford, molto più vantaggiosa. Perché Prodi decise di rinunciare ai propri doveri di imparzialità, favorendo l’azienda che offriva di meno?Non è mai stato troppo chiaro. Di sicuro però l’attuale “uomo forte” di casa Agnelli, Luca Cordero di Montezemolo, è in ottimi rapporti con l’Unione, e non manca di darle appoggio con il giornale di famiglia, “La Stampa”:strana la vita, no?.
Ancora più importante: nel 1985 si apre il caso Sme. In sostanza Prodi si accorda con DeBenedetti (guarda caso, miliardario, padrone del gruppo Espresso-Repubblica, fratello dell'oggi senatore Ds: strana la vita, no?) e col banchiere Cuccia: l’IRI avrebbe ceduto la sua partecipazione alla Sme (il 62% del capitale) in cambio di meno di 500 miliardi di lire. L’iniziativa fu bloccata dai socialisti allora al governo, che preferivano l’offerta di un concorrente: un tale che, da giovane, cantava sulle navi da crociera…Comunque, la vicenda si conclude dal punto di vista finanziario con lo “spezzettamento” di Sme, mentre dal punto di vista legale non si è ancora conclusa. Proprio sul fronte legale, nel 1993 l’allora giudice di Mani Pulite Antonio Di Pietro decise di indagare Prodi per abuso d’ufficio e corruzione. I libri di Travaglio raccontano di un Di Pietro che interroga Prodi con furia, quasi con violenza , che grida (ricordiamoci che siamo in piena Tangentopoli) “Ma i soldi alla Dc chi glieli dava? Lei era a capo dell’IRI, possibile che non sappia niente?” .Prodi a questa frase “impallidisce”, e ammette che “ho ricevuto raccomandazioni per nomine che non condividevo da parte di alcuni politici”. Di Pietro conclude l’interrogatorio con una frase interessante:”Ci vediamo lunedì.Sappia però che potremmo essere costretti a farla continuare a riflettere lontano da casa”. Eppure, Prodi esce da questa vicenda “pulito”. Superfluo ricordare che tre anni dopo Prodi diventò Presidente del Consiglio, e nominò ministro tale Antonio di Pietro : strana la vita, no?
E veniamo agli anni di governo.Governo Prodi fa rima con Telekom Serbia. Infatti Telecom Italia, a quei tempi azienda pubblica, acquistò una grossa quota di Telekom Serbia, facendo così affluire nelle tasche del dittatore Milosevic parecchi miliardi di vecchie lire.Come è potuto accadere che i soldi dei contribuenti italiani siano serviti a finanziare un dittatore? E’ mai possibile che Prodi non sapesse chi comandava al di la dell’Adriatico? E,siccome lo sapeva, cosa lo ha convinto a chiudere un occhio anzi tutti e due su questa operazione? Anche questo resterà un mistero.
Chiudiamo questa carrellata di eventi con un fatto accaduto nel 1999: Prodi era stato cacciato dalla Presidenza del Consiglio ( da quegli stessi uomini, D’Alema Bertinotti e Marini, che oggi sembrano sostenerlo con tanta convinzione) e era diventato Presidente della Commissione Europea. Qui venne coinvolto in un sospetto di gestione illecita dei fondi Eurostat, l’ufficio statistico alle dipendenze di Bruxelles. Anche in questo caso Prodi si salvò dicendo che le vicende più gravi si erano svolte “ a sua insaputa”.
Conclusione: quest’uomo , quando avvenivano i grandi scandali finanziari, era sempre nei paraggi. Eppure lui ci assicura che non si è mai accorto di nulla. Delle due l’una: o è un cretino o è un delinquente. In ogni caso, non so quanto sia opportuno consegnargli la guida del paese. E’ capace di farsi fregare il volante e poi di venirci a dire che non se n’è accorto perché era troppo impegnato a guidare.