Film di Tony Scott (Top Gun, Man on Fire Spy Game e del prossimo promettente Deja Vù) scritto da Richard Kelly (il regista di Donnie Darko e del prossimo promettente Southland Tales).
E' la storia (vera?) di Domino Harvey, ex modella divenuta poi, a suo dire, cacciatrice di taglie. La storia è ambientata a Los Angeles e il film si apre con Domino (Keyra Knightly) che è stata arrestata dall'F.B.I. e viene interrogata da Lucy Liu.
Con l'interrogatorio partono i flashback e scopriamo cosa è successo fino a quel momento. Gli eventi sono volutamente gonfiati, lo stile del film gioca un po' con l'esagerazione dei personaggi e di alcuni aspetti della cultura americana degli ultimi anni.
Domino Harvey si presenta ad un corso organizzato da due cacciatori di taglie (uno è Mickey Rourke) e dal loro "procuratore" di casi (Delroy Lindo) per fregare soldi alla gente. Domino fiuta l'imbroglio e riesce ad entrare nel team di cacciatori di taglie. Da qui in poi un susseguirsi di situazioni paradossali e grottesche. Ci sono tre grossi gruppi in conflitto, la polizia, i cacciatori di taglie e il malavitoso di turno vittima della truffa. Intreccio banalino, sicuramente già visto e sfruttato più brillantemente nei film di Guy Ritchie.
E' interessante invece la vena polemica che serpeggia lungo il film nei confronti di una società TV-dipendente. Un produttore di reality un po' suonato (tale Christopher Walken) decide di fare uno show sui cacciatori di taglie, per cui scrittura Domino e gli altri. Li fa affiancare da due "presentatori", Ian Ziering e Brian Austin Green, che interpretano loro stessi (per chi non lo sapesse sono due minchioni del cast di Beverly Hills 90210...).
Bella anche l'escursione in un trash-talk-show di un donnone nero (Queen Latheesha, per chi conosce), che al Jerry Springfield show decide di darsi risalto chiedendo rispetto e il riconoscimento delle nuove minoranze etniche: i "blacktino", i "chinegro", i "japanic". Geniale.
Il finale del film è letteralmente un viaggio allucinante, indotto dall'assunzione di sostanze acide fornite provvidenzilmente dopo un incidente stradale da un improbabile predicatore.
Lo stile del film è pesantemente da videoclip. Montaggio invasivo e pellicola sovresposta, decisamente fastidioso a tratti.
Il film si chiude con un'inquadratura della vera Domino Harvey che solleva temi simili a quelli trattati in Confessioni di una Mente Pericolosa. Siamo di fronte ad una mitomane o c'è della realtà nei deliri raccontati nel film?
Bella domanda, una riflessione che giustifica un film che sta in piedi un po' a fatica aggrappandosi ai grandi nomi del cast.
Riflessione divenuta ancora più attuale dopo che Domino Harvey si è suicidata pochi mesi prima dell'uscita del film nelle sale.