La Nestlé viene accusata di una politica commerciale irresponsabile per quanto riguarda la produzione e la vendita di latte per neonati nei paesi in via di sviluppo. Secondo le accuse, il preparato per latte venduto in molti paesi del Terzo Mondo (soprattutto in Africa) da mescolare con l'acqua, avrebbe portato alla morte di circa un milione e mezzo di bambini ogni anno (essendo spesso mischiato con acqua contaminata).
La Nestlé violerebbe anche costantemente l'International Code of Marketing of Breast-milk Substitutes, il regolamento internazionale sulla vendita di surrogati del latte materno. I controlli eseguiti dalla International Baby Food Action Network in questo senso sono stati la causa prima della nascita del comitato internazionale di boicottaggio dell'azienda. Tuttavia, le accuse sono state oggetto di indagini, e nei casi in cui si sono mostrate fondate, hanno portato ad azioni correttive. Nel 1982, la Nestlé ha ufficialmente aderito al regolamento sulla vendita di surrogati del latte materno definito dalla World Health Organization (WHO), collaborando con WHO, Unicef e con lo stesso comitato di boicottaggio alla revisione e al raffinamento di tale regolamento (1984).
Dietro pressione del comitato di boicottaggio, la Nestlé ha anche cessato di pubblicizzare surrogati del latte materno, e non utilizza più immagini di neonati sulle confezioni. Secondo diverse fonti, tuttavia, il mutamento di rotta della politica commerciale della Nestlé nel Terzo Mondo è stato soltanto o soprattutto formale, e l'azienda continuerebbe a macchiarsi di infrazioni anche molto gravi dei regolamenti internazionali in merito.
Altre aziende che producono latte in polvere e preparati analoghi continuano a usare tecniche di marketing aggressive, spesso a discapito dell'immagine della Nestlé, che rimane l'azienda più visibile del settore.
[modifica] Azione legale contro il governo dell'Etiopia
Nel 2002, l'agenzia Oxfam rivelò che la Nestlé aveva fatto causa all'Etiopia per 6 milioni di dollari. L'Etiopia, uno dei paesi più poveri del mondo, si trovava in un periodo di carestia che metteva in pericolo la vita di oltre 11 milioni di persone. La Nestlé chiedeva un risarcimento per un'azienda del settore agricolo di sua proprietà, nazionalizzata nel 1975 dal regime marxista di Mengistu.
Nestlé rifiutò l'offerta del governo etiope di accordarsi su una cifra inferiore (un milione e mezzo). Nel dicembre 2002, la Nestlé annunciò che in ogni caso la cifra raccolta sarebbe stata impiegata nella regione a scopi umanitari, in collaborazione con la Croce Rossa.
[modifica] Nestlé Purina nel Venezuela
Nel 2005, la Nestlé Purina commercializzò tonnellate di cibo per animali contaminato nel Venezuela. I marchi incriminati includevano Dog Chow, Cat Chow, Puppy Chow, Fiel, Friskies, Gatsy, K-Nina, Nutriperro, Perrarina e Pajarina. Morirono oltre 500 fra cani, gatti, uccelli e animali da allevamento. Il problema fu attribuito a un errore di un produttore locale che aveva immagazzinato in modo scorretto il mais contenuto in tali cibi, portando alla diffusione di un fungo tossico nelle riserve.
Nel marzo del 2005, l'Assemblea Nazionale del Venezuela stabilì che la Nestlé Purina era responsabile a causa di insufficienti controlli di qualità, e condannò l'azienda a risarcire i proprietari degli animali intossicati.
[modifica] Attività di pressione sul potere politico
Secondo alcune fonti[1], Nestlé esercita una influenza a livello politico finanziando i maggiori partiti statunitensi: l'azienda avrebbe investito nel 2002 153.000 dollari, destinati per il 23% al Partito Democratico e per il restante 77% al Partito Repubblicano.