
Originally Posted by
ghs
Occhio a introdurre certi argomenti che poi non si sanno sostenere. La dottrina cristiana del libero arbitrio è questione teologica e, per quel che conta, non è stata introdotta nella religione cristiana dopo Ockham (nessuno ricorda Agostino, la grazia, etc...?), nè, a dire il vero, Ockham ha avuto un'incidenza rilevante nell'evoluzione del pensiero cristiano. Al massimo, ma nemmeno molto, lo si può considerare un precursore dell'emprisimo moderno. Che, poi, fosse un buon barbiere, questo non è in dubbio.
Non scendo nel dettaglio, ma il concetto cristiano di libero arbitrio è molto diverso da quello filosofico e laico. Di nuovo, non mischiate le cose.
E' proprio qui che si nota un errore: si continua a leggere una religione dall'esterno, che va bene quando se ne debba tracciare la storia o quando se ne vogliano distinguere le strutture (Le regard eloigné?); ma è completamente sbagliato quando se ne vogliano criticare gli atti.
Cioè: scientificamente, si consideri pure la religione un fenomeno culturale, ma non si pretenda di farne un luogo di discussione. Nella religione non esiste dubbio metodico. E nemmeno può esistere.
Alkabar, dimentichi un elemento fondamentale della religione, senza il quale rischi di rimanere in un orizzonte metafisico, proprio tu che, dichiarandoti occamista, dovresti fuggirne: da un punto di vista antropologico e anche da un punto di vista strettamente "cristiano" (nella versione Paolina e originaria del cristianesimo), la religione è soprattutto "comunità", partecipazione. E' questo che ti sfugge. Non si tratta di fallacia della mente umana, nè di ignoranza (e già qui si potrebbe aprire una lunghissima digressione sullo studio della religione negli ultimi 150 anni...); si tratta, principalmente, di condizioni pratiche di vita, esistenza.
Le ingerenze religiose nella determinazione degli ambienti morali (e, quindi, nella formazione del piano culturale su cui poggia la convivenza civile) sono reali e presenti, che lo si voglia o no. Qui non si tratta di credere o non credere a Dio, ma di partecipare o no a una collettività, con tutto ciò che comporta. E non è possibile portare una critica esterna che sia credibile e accettabile all'interno di una collettività, che, in questo caso, ha ancorato la sua coesione all'essere (perchè questo è, alla fine, la ragione della religione: l'ipotesi positiva dell'essere). Tutto ciò che puoi fare è non partecipare e, non partecipando, tollerare.