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Thread: Detassazione straordinari

  1. #46
    Warrant Officer Rob's Avatar
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    Quote Originally Posted by darkolo View Post
    La storia di Rob mi porta ad una piccola riflessione... ma quelli che dedicano ogni loro energia al lavoro, che si dannano continuamente l'anima per migliorare il proprio status professionale, per eccellere... poi, stringi stringi... che cavolo di vita conducono?
    Non metto in dubbio l'enorme soddisfazione che la crescita personale può portare. Ma quando il lavoro prende il sopravvento, monopolizzando l'intera quotidianità, non c'è nessuno che sente decine di campanelli d'allarme suonare?
    Cioè... sono l'unico ad aver rifiutato posti di lavoro ben pagati e prestigiosi per non perdere donna, amici e tante altre infinite e meravigliose cose che si possono fare al di fuori dell'ambito lavorativo?
    Io vedo il mio ex capo (con cui ho conservato un buon rapporto), un genio del commercio (un esempio di come a volte la scuola non conti un cazzo, visto che ha la terza media), di quelli che da agenti diventano direttori commerciali, poi soci di una grossa azienda, poi proprietari di altre due aziende.
    Beh insomma una persona così non ha una vita privata, non dorme la notte perché concorrenza e conti da pagare impensieriscono, compra moto su cui non avrà mai il tempo di correre, guadagna vagonate di soldi che tanto non si può godere, è divorziato,non ha tempo da dedicare ai suoi figli e non riesce a trovare una relazione stabile visti i suoi ritmi impossibili...
    Ho solo io l'impressione che questo sia soltanto un rovinarsi la vita? Lavoro per vivere, e ora come ora non nessuna intenzione di iniziare a vivere per lavorare. Non farò soldi ma chissà perché sento di guadagnarci immensamente di più a vivere così...
    Siamo un poco OT e chiedo venia, ma sono curioso di capire quanto sareste disposti a rinunciare della vostra attuale vita in cambio di un posto di lavoro veramente allettante.
    Io, ripeto, più di un anno fa ormai, ho rifiutato un'offerta importante principalmemte perché il nuovo lavoro mi avrebbe portato a lasciare la mia attuale compagna. Rifarei senza pensarci la stessa scelta, anche se la storia finisse domani stesso. l'ultimo anno, grazie a lei, è stato idimenticabile.
    Darkolo, hai centrato la questione con una chiarezza ed una limpidezza senza paragoni, posso solo ringraziarti di questo.

    Come ho scritto poco fa, è una questione di priorità personali: io ho voluto andare in una certa direzione non andando in vacanza MAI per oltre 5 anni quando invece quelli che via via sono divenuti miei collaboratori tornavano abbronzati dopo 2 settimane al mare e l'immancabile settimana bianca.
    Ho una compagna che mi ha conosciuto 16 anni fa con la mia mentalità già formata a questo modo grazie anche all'esempio di mio Padre, una persona che mandava me mio fratello e mia Madre in vacanza da soli, facendo solo una breve comparsa il sabato sera per andarsene nuovamente la domenica "x lavoro" (certo che da rappresentante di calzini diplomato alle serali poi è arrivato a livelli molto alti nella stessa società dopo pochi anni, e si è messo in proprio dopo quasi altri 10): questa mia compagna è divenuta mia moglie (prima rimandato e poi MAI effettuato il viaggio di nozze visto il carico di lavoro), assecondandomi e non ostacolandomi (dicendo la sua, ovviamente), adesso sto iniziando a godere dei frutti di tutti questi sforzi (comprato la casa dove "ho mercato" facendo ulteriori sacrifici, ma vado regolarmente in vacanza all'estero "perchè me lo posso permettere"), io sono sempre partito dal concetto che la carriera, quella personale, la si deve fare entro i 45 anni perchè dopo tale età spesso ci si rompe le palle di stare sempre al pezzo e con il coltello tra i denti. Se non crepo presto farò di tutto per godermi qualche beneficio ottenuto, certo che non ho ricordi di "locali serali, sbornie con gli amici il week end, spese pazze per la macchina figa, file interminabili di amici".. io di amici veri ne conto davvero pochi ed anche se non ci vediamo per anni loro sanno che li porto sempre nel cuore.

    Questione di scelte, la mia è quella esposta, la tua è quella contraria ma assolutamente condivisibile e priva di errore, sono modi diversi di vivere la stessa vita.

    Rob
    Last edited by Rob; 18th May 2008 at 16:02.
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  2. #47

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    Quote Originally Posted by Jarsil View Post
    Niente di più errato, ma non è colpa tua, è la percezione classica che il lavoro umile non può portare a far carriera.

    Fatti valere, fai il tuo lavoro come cristo comanda, datti da fare per organizzarlo e migliorarne l'efficienza, e da magazziniere diventi capo-magazziniere, da capo-magazziniere puoi andare in un'altra azienda e farti assumere come uno dei responsabili della logistica, da lì puoi andare a fare il responsabile della supply chain, e hai le porte da dirigente aperte... Se ti dai da fare. Ovvio che non è automatico, e manco facile... ma manco interdetto come molti credono.
    L'elemento chiave però, è che devi darti da fare, lavorare bene, farti valere, ed essere serio.

    Non ha senso come ragionamento, Jarsil. Tu stai parlando di una remotissima possibilita' di carriera.. una sorta di "sogno americano" in piccolo, senza tener conto che sono cosi' numerose le cose che devono "funzionare" in questo piccolo modello di carriera che hai creato, che disegnarla come una ragionevole ipotesi a un ragazzo che a 20 anni viene assunto come magazziniere e' infame. Statisticamente il numero di persone a cui riesce far carriera partendo da lavori del genere e' talmente basso che usare quell'eventualita' come descrizione dei meccanismi sociali reali e' miope. E' come dire - permettimi l'esagerata iperbole - a Cenerentola che doveva sopportare ben volentieri le angherie delle sorelle perche' c'era una ragionevole possibilita' che quelle la portassero a
    a) suscitare l'ammirazione nella fata turchina
    b) avere nel proprio paese un principe single in cerca di moglie
    c) cuccarselo

    il fatto e' che se tutti i magazzinieri italiani cominciassero a fare quello che tu hai suggerito ce ne sarebbero comunque 999 ogni 1000, per lo meno, che rimangono magazzinieri. Di fatto nel mondo c'e' bisogno di qualcuno che esegua i lavori "umili", quelli dove c'e' poco talento da esibire. C'e' bisogno degli spazzini, dei dattilografi, degli operai non specializzati, dei benzinai. e potrei andare avanti in eterno. Dire a tutte queste persone che non si devono lamentare troppo perche' hanno la loro futura carriera in mano e' ingannevole. NON hanno il loro futuro in mano. Se daranno il massimo, ci sara' comunque molta gente che non otterra' nulla. Il pregio del "sogno americano" che hai descritto e' che predispone un ambiente sufficientemente aperto per permettere IL SOGNO stesso.. la REMOTA POSSIBILITA'. In contrasto con ambienti in cui raccomandazioni, pregiudizi sociali e tante altre cose azzererebbero tale remota possibilita'. Dall'altra parte il grande danno del sogno e' come sempre il risveglio. Dire : c'e' una remota possibilita' che tu faccia carriera non e' come dire: se non fai carriera sei un idiota. Eppure tale e' la percezione che chi non sfonda e' portato avere di se stesso. che gli altri hanno di lui.

    Il discorso di priorita', giustissimo, che hanno fatto rob e darkolo, entra comunque in un secondo momento.

    E' lo stesso rob che lo dice:

    "mi è "andata bene" perchè, come nel tetris, alla fine i tasselli hanno trovato in gran parte la collocazione giusta.."

    Ma e tutti gli altri? tutti quelli a cui le cose non vanno nel verso giusto?
    siamo arrivati a questo punto del discorso parlando del contrasto, di fatto, fra elasticita' (che facilita il sogno) e sicurezza (che facilita il risveglio). Non si puo' trascurare l'una per l'altra. E non si puo' usare esempio di sogno realizzato per negare l'esistenza del problema del risveglio.
    Spero di essermi spiegato.
    your daily mod
    tendo asintoticamente a Chuck Norris


  3. #48
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    Quote Originally Posted by ihc'naib View Post
    Non ha senso come ragionamento, Jarsil. Tu stai parlando di una remotissima possibilita' di carriera.. una sorta di "sogno americano" in piccolo, senza tener conto che sono cosi' numerose le cose che devono "funzionare" in questo piccolo modello di carriera che hai creato, che disegnarla come una ragionevole ipotesi a un ragazzo che a 20 anni viene assunto come magazziniere e' infame. Statisticamente il numero di persone a cui riesce far carriera partendo da lavori del genere e' talmente basso che usare quell'eventualita' come descrizione dei meccanismi sociali reali e' miope. E' come dire - permettimi l'esagerata iperbole - a Cenerentola che doveva sopportare ben volentieri le angherie delle sorelle perche' c'era una ragionevole possibilita' che quelle la portassero a
    a) suscitare l'ammirazione nella fata turchina
    b) avere nel proprio paese un principe single in cerca di moglie
    c) cuccarselo
    il fatto e' che se tutti i magazzinieri italiani cominciassero a fare quello che tu hai suggerito ce ne sarebbero comunque 999 ogni 1000, per lo meno, che rimangono magazzinieri. Di fatto nel mondo c'e' bisogno di qualcuno che esegua i lavori "umili", quelli dove c'e' poco talento da esibire. C'e' bisogno degli spazzini, dei dattilografi, degli operai non specializzati, dei benzinai. e potrei andare avanti in eterno. Dire a tutte queste persone che non si devono lamentare troppo perche' hanno la loro futura carriera in mano e' ingannevole. NON hanno il loro futuro in mano. Se daranno il massimo, ci sara' comunque molta gente che non otterra' nulla. Il pregio del "sogno americano" che hai descritto e' che predispone un ambiente sufficientemente aperto per permettere IL SOGNO stesso.. la REMOTA POSSIBILITA'. In contrasto con ambienti in cui raccomandazioni, pregiudizi sociali e tante altre cose azzererebbero tale remota possibilita'. Dall'altra parte il grande danno del sogno e' come sempre il risveglio. Dire : c'e' una remota possibilita' che tu faccia carriera non e' come dire: se non fai carriera sei un idiota. Eppure tale e' la percezione che chi non sfonda e' portato avere di se stesso. che gli altri hanno di lui.
    Il discorso di priorita', giustissimo, che hanno fatto rob e darkolo, entra comunque in un secondo momento.
    E' lo stesso rob che lo dice:
    "mi è "andata bene" perchè, come nel tetris, alla fine i tasselli hanno trovato in gran parte la collocazione giusta.."
    Ma e tutti gli altri? tutti quelli a cui le cose non vanno nel verso giusto?
    siamo arrivati a questo punto del discorso parlando del contrasto, di fatto, fra elasticita' (che facilita il sogno) e sicurezza (che facilita il risveglio). Non si puo' trascurare l'una per l'altra. E non si puo' usare esempio di sogno realizzato per negare l'esistenza del problema del risveglio.
    Spero di essermi spiegato.
    Sono pienamente d'accordo ma vorrei ricordare che se tutti dicessero "tanto non ce la farò a fare niente di buono, inutile che ci provi" allora nessuno riuscirebbe a fare carriera
    Poi come tu hai detto e come ho anche detto io sopra "se fossero tutti ingegneri nessuno costruirebbe le case", servono tutti i tipi di lavoro dal più generico al più specializzato, senza gli spazzini vivremmo sepolti da immondizia, senza capitani d'industria non ci sarebbero impianti di smaltimento... E qui scatta il discorso "sogno americano" che fai te, non si tratta di sogno americano in realtà ma di confidenza nelle proprie capacità e desiderio di fare qualcosa per cambiare la propria situazione, sempre che le proprie aspirazioni e le proprie motivazioni siano sufficienti a far "scattare la molla".. conosco fin troppe persone invidiose dei risultati altrui senza che abbiano fatto niente per raggiungerne a loro volta, sono la tipologia peggiore di personaggio.
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  4. #49

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    rob io sono d'accordissimo con quello che sostieni. E in genere nelle discussioni con i miei amici un po' spenti (magari anche intelligenti) sono io che "faccio la tua parte", spingendoli a credere nei propri mezzi e a mettersi in discussione. Ed e' giusto farlo, e dare il massimo, e rischiare tutto (fermo restando il discorso delle priorita' che si faceva con darkolo)..
    ma questa e' una questione umana. La questione sociale, poi, deve essere analizzata con un'altra "tecnica", da un altro punto di vista.. per i motivi che dicevo sopra. Lo stato ideale per me attrezza la propria struttura in maniera che siano garantite a tutti le possibilta' di sfondare, ma si occupa anche che non vengano trascurati coloro che, per l'inevitabile fisiologia di una societa', non sfondano.
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