Niente stipendi, Bologna nel caos
Nessun versamento e le garanzie che erano state presentate sono state respinte. Probabili tre punti di penalità. Ora la Covisoc allerterà la procura federale che a breve rinvierà a giudizio il club. Il rischio è il fallimento
di SIMONE MONARI
Niente stipendi, Bologna nel caos
I dipendenti imbarazzati, i giocatori scoraggiati, i tifosi increduli: è stata la giornata più nera degli ultimi anni, a Casteldebole. Gli stipendi che il presidente Porcedda aveva garantito lunedì nell'ultimo bluff della sua presidenza non sono arrivati, le garanzie che erano state presentate sono state respinte, presso la Federcalcio anche ieri mancava la documentazione necessaria. Tanto che a Roma danno per scontata la penalizzazione di tre punti. Uno per non aver versato l'Irpef e gli altri contributi entro il 15 ottobre, due per le inadempienze di questi giorni (netto e lordo da versare, come impone la nuova norma). Ora la Covisoc, la commissione di vigilanza delle società, allerterà la procura federale che nel giro di qualche settimana rinvierà a giudizio il club. Sperare aiuta, ma stando agli esperti ormai si tratta di decisioni che vanno in automatico. E i nuovi regolamenti sono inflessibili. Furono introdotti, va ricordato, anche per prevenire quelle ingiustizie di cui fu vittima proprio il Bologna di Gazzoni nell'estate del 2005.
E pensare che giovedì mattina l'amministratore delegato Silvino Marras, in un colloquio riservato, aveva assicurato: "Siamo fuori dalla bufera, pagheremo tutto, i guai sono superati".
Avevano fra i 25 e i 30 milioni di proventi televisivi da Sky, non hanno messo un euro, eppure sono riusciti a mangiarsi tutto. Con quei soldi prima hanno pagato gli stipendi di maggio e giugno, il resto è stato impegnato a garanzia del mercato. Costruendo una squadra di prospettiva, con alcune buone intuizioni ed imprimendo una svolta innegabile. Ma anche, lo si è visto, finanziariamente insostenibile. Una campagna gestita dal punto di vista economico in maniera scellerata. Ora nessuno ha predisposto un piano B. Il ritorno della vecchia proprietà è un'ipotesi remota, perché Renzo Menarini, ammesso che possa, non ha i mezzi per riprendersi un club che ha adesso debiti assai più pesanti di prima. Senza contare fra dicembre e gennaio la probabilissima penalizzazione (gli altri club già volteggiano come avvoltoi). I giocatori poi possono mettere in mora la società (anche i fornitori, volendo) e svincolarsi liberamente, trovando una nuova squadra già a gennaio. Ci sono tutti i presupposti per filare dritti verso il fallimento. Oggi Porcedda è atteso in città, nessuno sa che intenzioni abbia. Se si prepari alla fuga, già ventilata, o ad una resistenza complicatissima. Senza contare la squalifica che subirà. E all'orizzonte, a parte Claudio Sabatini, non si scorgono imprenditori interessati. Almeno ora.