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Originally Posted by Kolp
inutile che vi infiammiate...
la mia era una battuta, ma fino ad un certo punto.
durante la seconda guerra mondiale tantissimi italiani furono mandati al fronte in russia e tantissimi di quei soldati/giovani (comprensibilmente) non volevano andare a morire, perciò diventavano disertori. i disertori venivano uccisi (come in italia, dapperttutto). i carabinieri in quel caso erano quelli che lo facevano.
certo che questo non esclude tante altre cose positive che hanno fatto, ma mi sembra stupido dire che non è vero oppure vedere soltanto alcune cose.
per quanto riguarda l'esercito italiano... io onestamente non mi sento di dire che sia un buon esercito (parlo in generale nella storia, non al giorno d'oggi). credo che da quando esiste l'italia non abbia mai vinto una guerra (vincerla perchè l'hanno vinta gli alleati non vale).
io cmq ne vado molto fiero, da pacifista preferisco vivere in un paese con ottimi cuochi piuttosto che in uno con ottimi soldati
cmq take it easy
Nessuno la prende a male, ti ho solo detto di vergognarti ma mica mi sono incazzato... del resto te lo ribadisco, perché hai citato ancora delle inesattezze storiche.
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L'11 dicembre il peso del rullo compressore sovietico si scaricò sull'ARMIR lungo un fronte di 200 chilometri. La resistenza italiana durò esattamente 10 giorni contro la massa di uomini, artiglierie e carri abilmente e decisamente manovrata dai russi. Poi, il fronte italo-rumeno-ungherese si sfaldò all'improvviso. Gli italiani furono costretti a ripiegare e su Stalingrado si chiuse il coperchio del sarcofago della 6ª armata tedesca di von Paulus.
Venti giorni dopo le forze sovietiche riuscirono a imbottigliare il grosso delle truppe italiane (11 gennaio 1943). Cominciò una tragica ritirata dal Don alla linea del Donetz per un calvario di 400 chilometri. Gli uomini marciavano come automi, paralizzati dal gelo, fino a quando non si accasciavano e si lasciavano morire assiderati. Le squadre di partigiani e la cavalleria sovietica si accanivano sulle disgraziate colonne affamate. I carabinieri erano presenti con un battaglione, una compagnia, 45 sezioni e 8 squadriglie e condivisero in pieno la tragedia della ritirata.
La campagna di Russia fu teatro di grandi atti di eroismo individuale e collettivo. Di un episodio straordinario fu testimone, durante la tormentosa ritirata della divisione Torino, il sottotenente Attilio Boldoni, comandante la 66ª sezione in forza alla Torino, insieme alla 56ª. Da Popowka ad Arbusov la retroguardia sostenne durissimi combattimenti per proteggere la ritirata, prima di arrivare alla conca di Arbusov, che venne successivamente soprannominata la Valle della Morte.
UN CAVALIERE E UN TRICOLORE. Quando i russi chiusero la sacca, il comando italiano e quello tedesco decisero di sferrare un contrattacco generale.
Ricorda Boldoni: "Sin dal mattino del 22 dicembre, la situazione si fa tanto insostenibile che il comando della Torino, d'intesa con il comando tedesco, decide di tentare un ultimo disperato sforzo per allargare il cerchio, così da dare un po' di respiro alla difesa. Dovrebbe essere un contrattacco generale delle truppe germaniche, irradiantesi nelle varie direzioni più redditizie, dal centro, dove saranno riunite, per l'accompagnamento dell'azione, le armi pesanti ancora utilizzabili (cannoni, mortai e mitragliatrici). ( ... ) Arbusov è una località situata al centro di alture che erano dominate dai russi. Questa località verrà poi indicata come Alcazar degli italiani per i loro atti di eroismo".
Il nome di Alcazar ricorda la cocciuta resistenza dei reparti franchisti nell'Alcazar di Toledo durante la guerra di Spagna. E' un richiamo significativo delle condizioni disperate in cui versavano gli italiani in quel momento. Gli italiani dovettero subire completamente allo scoperto un bombardamento micidiale perché i tedeschi si erano affrettati ad occupare tutte le case disponibili. Nelle loro ristrette buche scavate nel terreno gelato i fanti sentivano sibilare la morte, con il tonfo sordo dei potenti mortai da 120 millimetri, il boato delle granate di grosso calibro e l'urlo delle katjushe.
Quando arrivò l'ordine di forzare il blocco, gli atti di valore non si contarono. "A questo punto", racconta Boldoni - "avviene un fatto portentoso, incredibile della cui realtà, chi scrive, si sente ancora istintivamente indotto a dubitare ( ... ) tutt'a un tratto, alle nostre spalle, vediamo avanzare a cavallo un giovane che va risolutamente verso il nemico, agitando una bandiera tricolore e incitando i compagni a un estremo e supremo sforzo, di vita o di morte". Era il carabiniere Giuseppe Plado Mosca che galoppava oltre le linee nemiche, impugnando stretta la bandiera, spinto da un sacro furore guerriero e trascinandosi dietro altri uomini. I russi, presi alla sprovvista, ebbero uno sbandamento. Mosca fu inghiottito dalla battaglia: il suo cavallo, ferito, tornò solo nelle trincee amiche.