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I vulcanologi, ma anche i non addetti ai lavori, sanno che il dinamico riposo del Vesuvio avrà prima o poi un termine. Svariate ipotesi sono state fatte in proposito: chi sostiene che il risveglio sia prossimo, chi, invece, che sia una questione di 50-100 anni se non di secoli. Il più piccolo segnale premonitore quali alterazioni dei gas delle fumarole, piccoli terremoti o deformazioni del suolo accendono all'istante le ipotesi (o gli allarmi) più svariati. Quel che è certo, è che il vulcano al suo risveglio avrà un'eruzione fortemente esplosiva sul modello di quella del 1631, se non addirittura del 79 (anche se il rischio di un'eruzione "pliniana" come quest'ultima, per fortuna, è relativamente basso). Gli specialisti stanno monitorando la situazione del Vesuvio, e grazie alle misurazione della concentrazione di radon contenuto nelle acque delle falde freatiche, possono valutare l'inizio della attività sismica e considerando che la risalita del magma è associata a terremoti e a deformazioni del vulcano e ad un aumento della temperatura nelle fumarole ed a variazioni dell'acqua nei pozzi, alcuni elementi di controllo esistono già. Le pendici del Vesuvio e i comprensori circostanti sono oggi fittamente antropizzati e disordinatamente urbanizzati. Per far fronte ai grandi rischi connessi ad una non impossibile eruzione del Vesuvio è stato redatto un piano nazionale d'emergenza che individua zone a diversa pericolosità e prevede azioni di soccorso, piani di evacuazione eccetera.
La Zona rossa (a sua volta suddivisa in 5 zone intercomunali), si estende per circa 200 km² e comprende 18 comuni dell'area vesuviana ufficialmente esposta a maggior rischio da eruzione[2].
I comuni interessati sono Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Pompei, Portici, Sant'Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco e Trecase.
Si tratta di un comprensorio dove nel 1999 si stimava abitassero circa 578 mila persone, corrispondenti a oltre 173 mila nuclei familiari, che andrebbero evacuate contemporaneamente in caso di eruzione. Secondo il piano di evacuazione, gli abitanti di ciascun comune andrebbero trasferiti temporaneamente in un'altra regione di Italia, precedentemente individuata e abbinata a quel comune. L'aspetto maggiormente problematico riguardante l'evacuazione resta tuttavia costituito dal problema della mobilità; l'alto numero di abitanti dei comuni della zona rossa e la viabilità già congestionata dal traffico ordinario spingono infatti a immaginare notevoli difficoltà nello spostamento dei mezzi di trasporto privati e pubblici durante l'evacuazione. Una soluzione immaginata potrebbe essere quella di utilizzare la via del mare, per allontanare rapidamente il maggior numero possibile di persone, ma questa soluzione va valutata anche in relazione al prodursi di mareggiate e maremoti eventualmente connessi ai fenomeni sismici ed eruttivi.