In verità, il quadro non è così limpido e coerente. Non a caso, in base all’attuale situazione, al medico (pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio) è sì fatto divieto di denunziare gli immigrati irregolari, ma questo divieto alla fine cozza con la complessità della pubblica amministrazione e della burocrazia. E di fatto, la domanda che nasce spontanea è questa: se il medico, in osservanza del divieto, non denunzia, chi paga le cure degli immigrati irregolari? Certamente non il servizio sanitario nazionale, poiché
un immigrato irregolare non può sicuramente usufruire di tale servizio se non tramite la registrazione in un database, o l’apprensione di documenti e di quant’altro è necessario per giustificare la spesa sanitaria. E allora, dell’eventuale status di immigrato irregolare, a questo punto, l’autorità ne verrebbe inevitabilmente a conoscenza, poiché la struttura ricettiva non potrebbe spendere denaro per qualcuno che legalmente non esiste o non dovrebbe trovarsi in Italia. E se anche il medico - ripeto - non può denunciare l’irregolare (non potendosi perciò applicare quanto stabilito dal codice penale agli artt. 361 e 362 c.p.), la regola non vale per gli altri pubblici ufficiali dello Stato o della Regione, laddove, per la loro attività, apprendano dell’irregolare permanenza dell’immigrato nel nostro territorio. Il che significa che se questi p.u., per un motivo o per l’altro, vengono a conoscenza dello status di immigrato irregolare del paziente, devono necessariamente farne segnalazione all’autorità giudiziaria.
Ciò detto, se non è il servizio sanitario nazionale a pagare le cure di un immigrato irregolare, allora il medico o lavora gratuitamente, oppure effettua la consulenza privata nel proprio studio medico. In tal caso, egli chiaramente non è interessato, né soprattutto obbligato a domandare se il paziente ha il permesso di soggiorno, e conseguentemente a denunciarlo. Essendo una visita privata, il medico infatti non esercita un pubblico servizio (pagato dal SSN) e non è certamente un pubblico ufficiale (in quanto non effettua attività lavorativa presso una struttura sanitaria pubblica), bensì è un consulente privato, pagato dal privato, il quale - se vuole - può anche mantenere l’anonimato.
Se così è, l’eventuale abolizione del divieto di denuncia dell’immigrato irregolare non cambia assolutamente nulla, se non nei termini di una facoltà del medico di effettuare la denuncia se lo ritiene opportuno e necessario. In altre parole,se il medico è un pubblico ufficiale o un incaricato del pubblico servizio, l’eventuale paziente che si rivolge a lui,
verrà comunque scoperto come irregolare, non tanto perché esiste un non divieto di denuncia che impone un obbligo di denuncia ai sensi degli artt. 361 e 362 c.p., quanto perché il medico - per giustificare l’ingresso in ospedale di un paziente (italiano o straniero, regolare o irregolare) ha comunque il dovere di assumere dati ed elementi identificativi del paziente: nell’ipotesi di un ricovero di emergenza al pronto soccorso, i dati e i documenti identificativi devono essere infatti acquisiti, in quanto quel ricovero e l’intervento di emergenza devono essere giustificati presso il servizio sanitario, quantomeno per i costi che questi comportano nel bilancio della struttura. E siccome non è ammissibile che una cura pagata dalla collettività non abbia una giustificazione causale nei termini di “Tizio X è stato ricoverato d’urgenza per queste patologie”, allora è chiaro che il soggetto, laddove non presenti atti o documenti regolari o non ne presenti affatto, deve essere trattenuto presso la struttura, e allora il medico, al di là di una facoltà o divieto di denunziare l’immigrato irregolare, deve comunque darne avviso alle autorità. Saranno poi queste a provvedere alla denuncia se del caso.
Laddove invece il medico agisce come professionista privato, nel proprio studio medico, pagato dal paziente e non dal servizio sanitario nazionale tramite la cosidetta “mutua”, allora egli non è pubblico ufficiale e non è incaricato di un pubblico servizio, bensì semplicemente un privato professionista che non ha alcun obbligo di accertare la permanenza regolare del paziente nel territorio italiano. Non avendo perciò quest’obbligo, egli non è tenuto a venire a conoscenza di questa irregolarità e dunque non ha alcun dovere giuridico di denunziarlo.
Detto questo, a me pare che la possibilità di scelta sia fondamentale, poiché elimina dal nostro ordinamento una zona franca dove l’illegalità non poteva essere punita o comunque perseguita o denunziata. Lo Stato deve accertare e garantire la legalità in ogni attività. Non è ammissibile che esistano stati e situazioni in cui addirittura è fatto divieto denunciare un reato. E’ un paradosso inaccettabile in uno Stato di diritto. Un parodosso che peraltro - a mio avviso - crea persino una diseguaglianza costituzionalmente non permessa, poiché a parità di status di pubblico ufficiale e situazione (fatto delittuoso), uno di questi (il medico) ha il divieto di denunciare il reato, mentre l’altro (es. un vigile urbano o un carabiniere, ma anche un ufficiale giudiziario) ha invece non la facoltà, bensì l’obbligo giuridico di fare la denuncia