Occorre considerare che in quegli anni ai vertici del calcio italiano c'era il Napoli di Maradona che si schierava, come la stragrande maggioranza delle squadre partecipanti al massimo campionato, in modo tradizionale. Arrigo Sacchi, invece, anziché uniformarsi al canovaccio tattico in voga, decide di schierare il Milan con un rivoluzionario 4-4-2.
La base su cui poggiava il suo progetto era quella di riuscire a
creare una squadra in cui ogni giocatore avesse compiti importanti sia in fase difensiva che offensiva, una squadra quindi dove la collaborazione assumesse un aspetto rilevante. Sacchi riuscirà, con il tempo, anche ad influenzare la mentalità calcistica, inculcando nella testa dei propri giocatori il concetto del "calcio totale".
Una volta capita la parte teorica, rimane quella pratica:
Sacchi vuole una squadra che imposti e imponga il proprio gioco, che aggredisca l'avversario e lo obblighi a sottostare al proprio ritmo. La soluzione è semplice quanto rivoluzionaria: il calcio totale dell'Olanda di Cruijff, il pressing asfissiante, le ripartenze fulminanti. La squadra che ha in mente, una volta andata in vantaggio non si risparmierà, ma continuerà ad attaccare con la stessa intensità, perché l'unico modo di giocare che conoscerà sarà il calcio offensivo.
Per realizzare questo progetto si intensificano le sedute di allenamento a Milanello, si mandano a memoria schemi e movimenti provando e riprovando fino allo nausea situazioni di gioco. Tra le altre virtù che contraddistinsero le squadre di Sacchi fu l'imperforabilità della difesa: nonostante il calcio offensivo, Sacchi dedicava grande attenzione ai movimenti difensivi, a tal punto che quasi sempre le sue squadre si contraddistinguevano per essere le meno perforate a fine campionato. (NDR questo è ciò che nn accadeva prima e che invece accade oggi)
Guidò il Milan dal 1987 al 1991, vincendo molti trofei: uno scudetto (1987/1988), due Coppe dei Campioni (1988/1989 e 1989/1990), due Coppe Intercontinentali (1989 e 1990) e due Supercoppe Europee (1989 e 1990).
Nella prima stagione, 1987/1988, pur penalizzato per larga parte del campionato da un serio infortunio occorso a Marco van Basten, il Milan di Sacchi riuscì a superare in campionato il Napoli di Maradona e Careca. Dopo un girone di ritorno esaltante, la squadra di Sacchi arrivò allo scontro diretto del San Paolo a un solo punto di distacco dai partenopei, riuscendo nell'impresa di sconfiggere il Napoli per 3-2 in una partita leggendaria. L'undicesimo scudetto della storia rossonera, il primo titolo dell'era Berlusconi, arrivava dopo otto anni di delusioni.
Contemporaneamente il Milan di Sacchi praticò in Europa un gioco divertente e spettacolare. Grazie al perfetto connubio tra tecnica, tattica e potenza, secondo alcuni esperti questo calcio è da considerarsi il migliore della storia per la qualità che seppe esprimere. Campioni come Marco van Basten, Paolo Maldini, Franco Baresi, Mauro Tassotti, Carlo Ancelotti, Frank Rijkaard, Roberto Donadoni e Ruud Gullit contribuirono a questi straordinari risultati.
Nel 1988/1989 Sacchi guidò il Milan al 3° posto in campionato alle spalle di Inter e Napoli e condusse il club rossonero alla conquista della sua terza Coppa dei Campioni. Nella semifinale di ritorno della massima competizione europea per club sconfisse sonoramente il Real Madrid a San Siro per 5-0 in quella che è stata definita da molti la partita più bella che il Milan abbia mai disputato. Nella finale di Barcellona il Diavolo di Arrigo Sacchi si impose con un clamoroso 4-0 sulla Steaua Bucarest.